domenica 24 novembre 2013

sabato 9

Vedo nelle mie membra un'altra legge che combatte contro la legge della mia mente e mi conduce prigioniero alla legge del peccato (Rom. 7:23)

Paolo non intendeva giustificarsi né commiserarsi, come se fosse talmente gravato dal peccato da non poterci fare nulla. In fin dei conti era un cristiano unto, un servitore di Dio maturo, scelto per essere "apostolo delle nazioni" (Rom. 1:1; 11:13). Paolo stava riconoscendo onestamente che da solo era incapace di fare la volontà di Dio nella misura in cui avrebbe voluto. Per quale motivo? Perché, come disse lui stesso, "tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Rom. 3:23). In quanto discendente di Adamo, Paolo era soggetto agli effetti del peccato sulla sua carne imperfetta. Possiamo facilmente immedesimarci nella sua situazione, dal momento che siamo tutti imperfetti e dobbiamo affrontare una lotta simile ogni giorno. Oltretutto vi sono molte distrazioni che potrebbero distogliere la nostra attenzione e allontanarci dalla 'strada angusta che conduce alla vita' (Matt. 7:14). Comunque la situazione di Paolo non era senza via d'uscita, né lo è la nostra. w11 15/11 2:3, 4